NAPOLI – CONCERT
Riccardando Cocteau
Cent' anni fa nasceva Jean Cocteau (che moriva di
questi giorni ventisei anni fa). Beppe Menegatti se ne è ricordato e non si è
lasciato sfuggire l' occasione per dedicargli uno spettacolo. Ho trovato
ascolto e ospitalità presso il San Carlo, trasferitosi, per lavori, sino al
mese di aprile, al Teatro Mercadante. Menegatti ha affidato a Mario Pasi la
consulenza drammaturgica e letteraria ed ha avuto, al suo stesso dire, la
preziosissima collaborazione di Virgilio Gazzolo. Costui è anche presente in
scena dal principio alla fine nel ruolo del Poeta e ci induce con semplice,
spesso dolorosa immedesimazione, e una parsimonia encomiabile di gesti, lungo i
sentieri della vita di quel grande artista che fu Cocteau. Era stato da giovane
vicino a Diaghilev, e aveva assaporato tutto il fascino di quel periodo dei
Balletti Russi in cui sembrava che tutte le arti si fossero messe d' accordo
per un appuntamento, come ad un convegno per decidere dei destini della cultura
europea più avanzata nella letteratura, nella pittura, nella musica, nella
danza. Tous les arts se tiennent par la main disse il grande riformatore
Noverre, e Cocteau riconobbe la verità dell' assioma, divenne per la danza il
poeta-librettista, lo scrittore, il regista, lo scenografo, il cartellonista,
animatore di una fra le più felici stagioni del balletto. Se ne doveva
ricordare anche nel secondo dopoguerra accanto a Petit e a Jan Babilée. Quel
tanto di didascalico che si potrebbe avvertire a tutta prima nello spettacolo è
presto scongiurato perché a prendere il sopravvento è l' emozione di fronte
agli eventi di una vita d' artista fra le più tempestose. Sfilano sulla scena,
sovrapponendosi e mescolandosi, i fatti della vita e quelli della sua opera;
realtà e finzione si confondono per sparire e lasciarci al meraviglioso di uno
spettacolo condotto con grande perizia tecnica (scene di Luisa Spinatelli,
costumi di Annamaria Morelli) che punta decisamente, costantemente al surreale,
prima aspirazione in teatro di Cocteau. Menegatti intitola lo spettacolo
Cocteau-Opium ed aggiunge ritratti di donne-ricordo di uomini. Al centro, nel
personaggio della Morte (Cocteau nutriva per essa un velenoso amore) sta Carla
Fracci di cui non si sa se apprezzare di più l' attrice o la ballerina perché
le due cose si fondono in lei. Nei ricordi sono gli amici, gli amanti o le
aspirazioni amorose di Cocteau ad emergere (Dargelos, Radiguet, guanto del
cielo, Desborbes, Garos, Khill, Al Brown); nei ritratti le donne che lo hanno
amato o solo ammirato conferiscono agli episodi quella nota inquieta che è la
caratteristica dell' intera rappresentazione. Ci sono le arie da salotto (una
ben tornata, veramente prima donna, Leyla Gencer) e c' è una pagina detta con
grande limpidezza da Franca Valeri (la descrizione di un fatto, di un
turbamento, di un' inquietudine vissuta a tre) e poi tutte le piccole storie di
una società che si guarda allo speccio ed è annunciata dallo stesso. I
coreografi sono quattro: Derek Deane, Wayne Eagling Loris Gai, Gillian
Whittingam e segnaleremo le coreografie intimiste, di sapore proustiano, le più
felici, di Gai e di Deane. Lo spettacolo è severo, e, fugate alcune immagini
fin troppo memori di croci uncinate e di sinistri figuri nazisti (il periodo
dell' occupazione di Parigi e dei fantasmi nella vita di Cocteau) si tocca anche
l' ironia scherzosa come nei quadri di Coco Chanel e della sua amica Misia Sert
o nell' altro di Chaplin (una Fracci sorprendente per humour) sull' onda del
ricordo nell' inavvertito incontro sui Mari della Cina. Ma il punto più alto è
quello del finale con La voce umana, geniale trasposizione di voci registrate
(Signoret, Magnani, Piaf, Morelli) adattate da Gianni di Capua con una Fracci
struggente e la voce del Poeta con l' intercalare Ti amo, là dove il filo del
telefono è la speranza cui si attacca ogni innamorato abbandonato. Fra i
danzatori tutti adeguati alle loro parti sono da ricordare: Margherita
Veneruso, Patrizia Manieri, Agostino D' Aloja, Pietro Corvino, Giuseppe Picone,
Bruno Stoduto, James Urbain (nel ruolo perfetto dell' eroe) Fulvio D' Alberto,
Edward Cook, Ugo Ranieri nella scena del complesso di Edipo che tormentò
Cocteau e l' attrice Relda Ridoni (la madre). Un grande successo, con numerose
chiamate.