ATTILA
Giuseppe Verdi (1813 - 1901)

Opera in a prologue and three acts in Italian
Libretto: Temistocle Solera
Premièr at Teatro la Fenice, Venice – 17 March 1846
19†, 23, 27, 31† December 1972
Teatro Comunale, Firenze
OPENING PERFORMANCE OF TEATRO COMUNALE DI FIRENZE
Conductor: Riccardo Muti
Chorus master: Adolfo Fanfani
Stage director: Sandro Sequi
Scene and costumes: Pier Luigi Pizzi
Direttore
dell'alesstimento / Production Manager: Raoul Farolfi
Scenografo realizzatore / Assistant Set Designer: Raffaele Del Savio
Direttore musicale di palcoscenico / Scenic Designer: Erasmo Ghiglia
Maestro suggeritore / Prompter: Luigi Morosini
Maestro collaboratore / Accompanist: Edoardo Müller
Maestro colloboratore al coro / Choir Accompanist: Roberto Gabbiani
Maestro della banda / Bandmaster: Angiolo Massini
Assistente alla regia / Assistant Director: Crisolini Malatesta
Assistente per le scene e i costumi / Assistant Costume and Set Designer: Piero Sinigallia
Maestri collaboratori di palcoscenico / Asistant Stage Directors: Edoardo Berlendis, Gianni Del Testa, Mino Magrini
Scenografo collaboratore / Assistant Set Designer: Franco Bresci
Capo macchianista / Chief Stage Technician: Enzo Mariti
Realizzatore delle luci / Lighting Designer: Guido Baroni
Capo attrezzista / Chief Porps Master: Giulio Cipriani
Direttore di Scena / Stage Manager: Luciano Barontini
Costumi / Costumes: Cerratelli
Parrucche / Wigs: Filistrucchi
Calzature / Footwear: Sacchi
Attrezzi / Props: Rubechini
Attila King of the Huns
NICOLAI GHIAUROV bass
Uldino a Breton slave of Attila’s OTTAVIO TADDEI tenor
Odabella daughter of the Lord of Aquileia LEYLA GENCER soprano
Ezio a Roman general NORMAN MITTELMANN / MARIO D’ANNA baritone (27.12)
Foresto a knight of Aquileia VERIANO LUCHETTI tenor
Pope Leo I MARIO RINAUDO bass
Chorus master: Adolfo Fanfani
Stage director: Sandro Sequi
Scene and costumes: Pier Luigi Pizzi
Scenografo realizzatore / Assistant Set Designer: Raffaele Del Savio
Direttore musicale di palcoscenico / Scenic Designer: Erasmo Ghiglia
Maestro suggeritore / Prompter: Luigi Morosini
Maestro collaboratore / Accompanist: Edoardo Müller
Maestro colloboratore al coro / Choir Accompanist: Roberto Gabbiani
Maestro della banda / Bandmaster: Angiolo Massini
Assistente alla regia / Assistant Director: Crisolini Malatesta
Assistente per le scene e i costumi / Assistant Costume and Set Designer: Piero Sinigallia
Maestri collaboratori di palcoscenico / Asistant Stage Directors: Edoardo Berlendis, Gianni Del Testa, Mino Magrini
Scenografo collaboratore / Assistant Set Designer: Franco Bresci
Capo macchianista / Chief Stage Technician: Enzo Mariti
Realizzatore delle luci / Lighting Designer: Guido Baroni
Capo attrezzista / Chief Porps Master: Giulio Cipriani
Direttore di Scena / Stage Manager: Luciano Barontini
Costumi / Costumes: Cerratelli
Parrucche / Wigs: Filistrucchi
Calzature / Footwear: Sacchi
Attrezzi / Props: Rubechini
Uldino a Breton slave of Attila’s OTTAVIO TADDEI tenor
Odabella daughter of the Lord of Aquileia LEYLA GENCER soprano
Ezio a Roman general NORMAN MITTELMANN / MARIO D’ANNA baritone (27.12)
Foresto a knight of Aquileia VERIANO LUCHETTI tenor
Pope Leo I MARIO RINAUDO bass
Time: Fifth Century A.D.
Place: Italy
† Recording date
Photos © FOTO MARCHIORI, Firenze
Photos © FOTO MARCHIORI, Firenze
Drawings / Sketches © PIER
LUIGI PIZZI
I
Disegni del Teatro del Maggio Musicale Fiorentino Inventario – IV (1970 – 1973)
Moreno Bucci [2017]
The
sketches created by Pier Luigi Pizzi for Giuseppe Verdi's Attila are not
preserved in the Theater Archive. They remained the artist's property and
donated in 1990 to the Biblioteque Nationale de France – Biblioteque Musee de
l'Opera in Paris
No
image of the sketches reproduced on the original program. The writer thanks
Pier Luigi Pizzi for the information on the show, on the works carried out at
the Teatro Comunale Firenze, on what is preserved in the Archive of Venice and
on the donation to the Biblioteque national de Frabce - Biblioteque Musee de
l'opera in Paris.
I
figurini realizzati da Pier Luigi Pizzi per Attila di Giuseppe Verdi non sono
coservati nell’Arcivio del Teatro. Sono rimasti di propreiata dell’artista e
donati nel 1990 alla Biblioteque Nationale de France – Biblioteque Musee de l’Opera
di Parigi
Nessuna immagine dei figurini
e riprodotta sul Programma di sala originale. Chi scrive ringrazia Pier Luigi
Pizzi per le informazioni sullo spettacalo, sui lavori realizzati al Teatro
Comunale Firenze, su quanto conservato nell’Archivio di Venezia e sulla
donazione alla Biblioteque national de France – Biblioteque Musee de l’opera di
Parigi.
Act I Finale, Act II Scene VI |
![]() |
with Riccardo Muti |
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with Riccardo Muti and Pier Luigi Pizzi, costume designer |
FONDAZIONE MAGGIO MUSICALE FIORENTINO
2019 [1972.12.19]
NICOLA CATTO
L'Attila fiorentino di Riccardo Muti: Seconda tappa di un lungo cammino
Come per I Puritani già apparsi in questa collana, anche Attila era stato eseguito da Riccardo Muti alla Rai di Roma (e quindi, naturalmente, in forma di concerto), poco tempo prima delle recite teatrali a Firenze: il 29 novembre 1970 nella capitale e in riva all’Arno nel dicembre del 1972. Un anno chiave nel legame fra il Maestro e il Maggio, che si apre con Un ballo in maschera (Tucker, Deutekom, Bruson) e prosegue, a maggio, con il mitico Guglielmo Tell nell’inaudita versione integrale, prima di chiudersi con alcune recite di Don Pasquale (titolo già diretto la stessa estate a Salisburgo) e con l’allora rara opera verdiana, riscoperta da Giulini nell’anno celebrativo 1951 e poi di fatto da Bruno Bartoletti proprio al Comunale di Firenze nel dicembre 1962, dieci anni esatti prima delle recite mutiane. Un’opera che, oltre ad essere poco nota al pubblico, godeva di scarsissima considerazione presso la musicologia più rispettabile: Julian Budden, nella sua monumentale monografia verdiana del 1973, la definisce “la più pesante e la più rumorosa di tutte le opere risorgimentali, brusca nello stile […], piena di effetti teatrali senza profondità”, Massimo Mila l’accusa di “carenza melodica”, Baldini stenta a trovare momenti che si levino “dal convenzionale e dall’anonimo”. È evidente che il parere di Muti sia diverso, data la costanza con cui questo titolo appare nella sua carriera: oltre al citato concerto romano e alle recite fiorentine, seguiranno poi l’incisione EMI del 1989 e le conseguenti esecuzioni scaligere del 1991, fino al debutto (rimasto, sinora, senza seguito) al Metropolitan di New York nel febbraio 2010 e allo spettacolo del 2012 all’Opera di Roma. Cambierà l’approccio al testo (a Roma come a Firenze mancano molti “da capo” in strette e cabalette, oltre ad essere presente qualche altro piccolo taglio), cambieranno i cantanti (non solo, ovviamente, i nomi, ma proprio il “tipo vocale” scelto) e maturerà l’ottica interpretativa, ma non la predilezione per una partitura che Muti (la cui prima opera fiorentina erano stati I Masnadieri, altro titolo della tarda produzione giovanile, per così dire) vede come chiave di volta del passaggio fra Nabucco ed Ernani (il primo, più del secondo) verso la trilogia popolare e Macbeth (nella revisione parigina).
Vale la pena, allora, di richiamare qualche informazione su Attila, che nasce nel 1846 alla Fenice, nel pieno di un periodo (gli anni tra il 1844 e il 1847) in cui Verdi compone ben otto opere, da Ernani a Jérusalem, tanto da far scrivere all’autore, in una lettera all’amico Demaldè dell’aprile 1845, “non vedo l’ora passino questi tre anni. Devo scrivere sei opere e poi addio a tutto”. In quelle settimane Verdi stava portando a termine Alzira (che andrà in scena a Napoli in agosto) e lavorando al “nostro” Attila: l’anno prima aveva ricevuto dall’impresario Lanari la commissione di una nuova opera per la stagione di carnevale 1846 della Fenice e – come sottolinea Helen M. Greenwald, autrice della recente edizione critica della partitura – Verdi l’accetta subito, conscio di come, vista la sua crescente fama, “avrebbe incontrato ben poche restrizioni sulle condizioni da lui imposte”, ivi incluse le richieste economiche, giacché gli editori da tempo si contendevano i suoi nuovi titoli; in particolare, Francesco Lucca con la moglie Giovannina avrebbero fatto di tutto per avere in catalogo un titolo verdiano. Sorprendentemente il compositore cede all’insistente (e invadente: ne riferisce Emanuele Muzio in una gustosa lettera) richiesta dei Lucca proprio per Attila.
La fonte del libretto viene da un drammone dell’oggi ignoto Friedrich Ludwig Zacharias Werner, dal titolo Attila, König der Hunnen, di cui Verdi viene a conoscenza leggendo il celebre studio di Madame de Staël De l’Allemagne: il 12 aprile 1845 ne riferisce con entusiasmo in una lettera a Francesco Maria Piave, librettista designato, schizzando già con esemplare nitidezza il profilo dei quattro protagonisti. Non è chiaro il motivo, ma pochi mesi dopo Verdi toglie l’incarico a Piave e lo affida a Temistocle Solera, che per lui aveva già firmato quattro libretti, tutti più o meno di taglio “epico”, come nota la Greenwald: il problema è che Solera, dopo aver licenziato entro settembre gran parte del testo, segue a Barcellona la moglie cantante, Teresa Rosmini, senza portare a termine i cambiamenti chiestigli da Verdi, che alla fine dovrà pretendere e (il 16 novembre) ottenere ogni diritto di revisione e completamento del testo, che viene affidato al fido Piave (sul cui lavoro, però, Verdi chiede un parere qualche settimana dopo… ancora a Solera!). L’opera, prevista per il 20 gennaio, per una malattia piuttosto seria di Verdi va in scena solo il 17 marzo, quando viene bene accolta alla Fenice (anche se altre fonti parlano di un esito più contrastato, dovuto a una prestazione non ottimale dei cantanti), con un cast che comprende Ignazio Marini (Attila), Sofia Löwe (Odabella), Carlo Guasco (Foresto) e Natale Costantini (Ezio); particolare cura viene posta nell’apparato scenotecnico per la scena dell’alba sulla laguna, tanto che Lucca stampa nel suo settimanale “L’Italia musicale” un’accurata riproduzione della scenografia, con descrizione degli espedienti tecnici usati per gli effetti di luce. E il rapporto fra elemento visivo e musica è centrale nella partitura di Attila, a partire dalla citata alba – evocata in un lungo brano strumentale che alla critica del tempo piacque molto e che va forse collegata con Le Désert di Félicien David, brano sicuramente conosciuto da Verdi – per arrivare alla scena della visione del Re unno, alla fine del primo atto, dove Budden scorge “un’anticipazione delle Norne wagneriane, sia pure con armonie diverse”. Viene rifiutata con veemenza da Verdi, invece, la proposta di un inserimento della banda (Piave gli aveva lodato l’eccellenza della banda Kinsky, presente in città), perché questi complessi sono ormai “controsensi perpetui e frastuoni […]. Ormai la banda è una provincialata da non usarsi più nelle grandi città”. Anche da questa affermazione si evince la natura complessiva della partitura di Attila, in contradditorio e a volte imperfetto equilibrio tra la ricerca di una nuova drammaturgia e il retaggio delle convenzioni dell’opera italiana: se queste ultime sono evidenti nell’ordinata successione di arie con cabaletta di cui tutti i personaggi principali sono dotati e, ancora più, nella netta contrapposizione tra quelle degli “italici” Foresto e Odabella (“antologie di squillanti inni patriottici”, secondo Massimo Mila) e dei feroci barbari, impressiona lo sforzo compiuto da Verdi nei finali concertati, ma soprattutto in quello, imponente, che occupa quasi tutto il secondo atto, in cui cerca di far evolvere l’azione giustapponendola al commento della stessa, fra cinesi e stasi, in una sovrapposizione di parole e sentimenti che non sempre giunge a risultati di perfetta comprensibilità. Insomma, per citare ancora Mila, “lo sforzo di attivare drammaticamente una delle forme chiuse tradizionali del melodramma, il concertato, tocca qui le vette eroiche dell’utopia”; ma, aggiungerei, è una tappa ineludibile nel cammino che pochi anni dopo porterà ad un modello assoluto di questa “utopia”, ossia il quartetto del Rigoletto.
Come accennato, fin dall’inizio Verdi aveva le idee chiarissime sul tratteggio psicologico (e, conseguentemente, musicale) dei personaggi: nella lettera a Piave del 12 aprile 1845 scrive che “vi sono tre caratteri stupendi. Attila che non soffre alterazione di sorta; Ildegonda [la futura Odabella], pure bellissimo carattere che cerca la vendetta del genitore, fratelli e amante; Azzio [Ezio] è bello e mi piace nel duetto con Attila quando propone di dividersi il mondo etc. Ci sarebbe da inventare un quarto carattere d’effetto, e mi pare che quel Gualtiero [Foresto] che crede morta Ildegonda, fosse scampato, e potresti farlo figurare o tra gli Unni o tra i Romani”. Ma se Ezio e Foresto sono due personaggi piuttosto statici psicologicamente, ben più “mobili” e sorprendenti risultano Attila e Odabella, quest’ultima continuatrice del profilo della vergine guerriera già sperimentato con Abigaille e Giovanna d’Arco, il primo apparentemente un “Otello non incivilito” (Rostagno), in realtà uomo tormentato e moralmente superiore – lui, un barbaro – al raffinato romano Ezio che gli propone un pactum sceleris, un accordo politico spregevole (“Avrai tu l’universo, resti l’Italia a me”).
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Gencer's Odabella costume |
COSTUMES FOR ODABELLA & ATTILA
PIER LUIGI PIZZI
FONDAZIONE CERRATELLI
A LETTER FROM MAGGIO MUSICALE TO LEYLA GENCER
1972.10.13
AVANTI
1972.12.19
LA STAMPA
1972.12.19
INTERNATIONAL HERALD TRIBUNE
1972.12.21
L'UNITA
1972.12.21
OPERA MAGAZINE
1973 January
OPERA MAGAZINE
1973 February
VERDI: THE MAN AND HIS MUSIC
1977
OPERA NEWS
ATTILA
Links from OPERA
NEWS ARCHIVES related with Gencer’s performances
Grandissimo
Maestro > Opera News > The Met Opera Guild
...
I conducted Attila for the first time in Florence in the early '70s [1972],
with
[Nicolai] Ghiaurov as Attila and, as Odabella, Leyla Gencer. ...
Conquering
Attila > Opera News > The Met Opera Guild
...
Sandro Sequi's 1972 Florence production of Attila, below, with Veriano Luchetti
(Foresto) and Leyla Gencer (Odabella) Foto Marchiori/Opera News Archives. ...
COMPLETE RECORDING
1972.12.31
Recording Excerpts [1972.12.31]
Santo’di patri Prologue
Liberamente or piangi Act I