MARIA STUARDA
Registe assistente / Assitant Director: Piero Faggioni
Scenografo realizzatori / Set Designers: Giovanni Broggi, Raffaele Del Savio
Direttore musicale di palcoscenico / Musical Director: Erasmo Ghiglia
Scenografo realizzatori / Production Designers: Giovanni Broggi, Raffaele Del Savio
Direttore musicale di palcoscenico / Musical Director: Erasmo Ghiglia
Maestro collaboratore /Asistant Conductor: Luigi Morosini
Aiuto maestro del coro / Assistant Chorus Master: Francesco Prestia
Maestro della banda / Bandmaster: Angiolo Massini
Assistante alla regia / Assistant Director: Giulietta Seylaz
Direttore di scena / Stage Manager: Sergio Coppini
Altri maestri colloboratori / Accompanists: Maria Concetta Balducci, Gianni Del Testa, Gilberto Fintoni, Marcello Guerrinii, Giorgio Vanni
Realizzatore delle luci / Lighting Designer: Guido Baroni
Capo macchianista / Chief Engineer: Enza Mariti
Capo attrezzista / Chief Props Master: Giulio Cipriani
Costumi / Costumes: Cerratelli

Act I, Act II, Act III (Backdrop) |
| Anna Kennedy (Act II) |
| Bridesmaid of Maria |
| Cecil (Lord Burleigh) Act I |
| Cecil (Lord Burleigh) Act II |
| Cecil (Lord Burleigh) Act III |
| Elisabetta Regina d’Inghilterra Act I |
| Elisabetta Regina d’Inghilterra Act II |
| Elisabetta Regina d’Inghilterra Act III |




















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Her famous "Figlia impura di Bolena, parli tu di disonore? ... Profanato è il soglio inglese, vil bastarda, dal tuo piè!" |

















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| In her dressing room after a performance |
LA MUSICA QUESTA
SETTIMANA
«MARIA STUARDA» APRE
Com'è noto, al Maggio il teatro del Novecento deve molte delle più valide rie sumazioni di opere setteottocentesche; ed è quindi nella tradizione fiorentina questa riproposta della Maria Stuarda, fino a pochi anni fa del tutto dimenti cata e che dal 1958-quando fu presentata dal Tea tro delle Novità di Bergamo sta invece richia mando l'attenzione dei critici e degli organizzatori musicali, sempre più attratti, in Italia e all'estero, dalla Donizetti renaissance di cui si osservano tanti sin tomi significativi e a volte sorprendenti. Nell'accostare quest'opera drammatica al collaudato capolavoro di Elisir d'amore, anche questo affidato ad illustri interpreti, il Maggio offre inoltre una possibilità di raffronti ravvicinati nell'attività del grande operista italiano.
A differenza di altre opere di Donizetti, acclamate alle loro prime apparizioni nell'Ottocento e poi dimenti cate e sopraffatte dal reper torio belliniano e verdiano, Maria Stuarda non fu un lavoro fortunato nemmeno al suo nascere: composta per il San Carlo di Napoli, con la consueta celerità, fra l'estate e l'autunno del 1834, questa tragedia lirica su libretto di Giuseppe Bardari giunse fino alla prova generale, alla quale aveva chiesto di assistere anche la regina.
Successe però, al terzo atto dell'opera, che la regina di Napoli tanto si impressionasse ascoltanto la dolorosa confessione di Maria Stuarda, da svenire; il giorno dopo la cencura proibi l’opera, che però poté essere ugualmente dopo che il libretto della Stuarda, rimaneggiato sconvolto in cinque giorni da Pietro Salatino, era di ventato quello di un'opera dal titolo Buondelmonte.
Cose che potevano accadere nell'Ottocento, e specialmente con un musicista come Donizetti, la cui sapienza artigianale non si scoraggiava mai di fronte a nessun ostacolo. Ma evidentemente le caratteristiche musicali del dramma non erano sfug gite a chi di dovere, tanto che l'impresa della Scala di Milano stipulò l'anno dopo un contratto per la rappre sentazione dell'opera, questa volta tornando alla vicenda originale della Stuarda, 11 30 dicembre, difatti, l'opera andò in scena alla Scala, avendo per protagonista la celebre Malibran. Ma le disgrazie di questo lavoro non erano ancora finite, come si può desumere da una let tera di Donizetti: Madama Malibran scrive il maestro all'amico Antonio Dolciperdeva tremila franchi se non cantava in quella sera. E la Malibran, difatti, cantò, ma aveva avuto un abbassamento di voce.
Eccezionalmente nel costume del primo Ottocento, dopo sole sette rappresentazioni la Maria Stuarda fu tolta difatti dalle scene, e cadde nella più completa dimenticanza per più di un secolo. Vedremo che cosa i critici scopriranno dopo il contatto diretto con l'accurata edizione fiorentina; è certo, comunque, che quest'opera si colloca ad ap pena un anno di distanza dall'altissima vetta della Lu cia di Lammermoor (1835); e il libretto della Stuarda, nella essenzialità delle sue situazioni drammatiche, propone al musicista proprio quei momenti di dolor femminco che erano così cari al suo cuore, uniti ad un senso favoloso del male che sembra preformare alcune tipiche figure verdiane. Come verdiano, del resto, è proprio nella Stuarda il contrasto drammatico fra la regina Elisabetta e la regina di Scozia (anticipo di Amneris e Aida), e fra Roberto, il generoso conte di Leicester e Lord Cecil. [Leonardo Pinzauti]
Principal characters:
LIBRETTO by
Giuseppe Bardari
FIRST PERFORMED
(as Bundelmonte) at the Teatro San Carlo, Naples, 18 October 1834, with
Giuseppina Ronzi de Begnis (Bianca); Anna del Serre (Irene); Francesco Pedrazzi
(Buondelmonte); Federico Crespi (Lamberto)
Bardari's libretto is a travesty of Schiller's Maria Stuart, eliminating almost all of the play's political and religious references and reducing the number of characters from twenty-one to six. However, it retains the chief emotional situations of the play, and is compact and structurally sound, in other words an excellent text for opera. The leading characters are Elizabeth I and Mary, Queen of Scots. Elizabeth, in love with the Earl of Leicester, is persuaded by him to visit Mary who is being held prisoner at Fotheringhay. During the visit, Mary insults Elizabeth, and in due course Elizabeth signs Mary's death warrant. Leicester, in love with Mary, is ordered to witness her execution.
The overture which Donizetti wrote for the Milan première of Maria Stuarda is an imposing, large-scale piece. (Buendelmante had a much shorter prelude containing a fascinating clarinet part in recitative.) The opera's opening chorus and Elisabetta's graceful entrance aria ('Ah! quando all'ara scorgemi"), with its attractive cabaletta ("Ah! dal ciel discenda un raggio), are all quite conventional in form and content, but Leicester's cavatina ("Ah! rimiro il bel sembiante') and cabaletta ("Se fida tanto colei mi amo") are more interesting, the baritone, Talbot, joining the tenor, Leicester, in the second stanzas of both cavatina and cabaletta. A duet for Elisabetta and Leicester, its opening arioso leading into a melodious larghetto ('Era d'amor l'immagine"), a smooth reworking of material initially composed for a revival of Fausta, and its since ('Sul crin la rivale") fiercely urgent, makes a strong and distinctly unconventional conclusion to Act 1.
Act II introduces Maria Stuarda in a larghetto aria, "Oh! nube che lieve per l'aria ti aggiri', whose elegant, yearning vocal line perfectly reflects Maria's mood and situation, her longing for freedom and her native France. Her cabaletta, Nella pace del mesto riposo, after Maria hears the approach of the English Queen and her party, is made to sound all the more determined by its deliberately moderate pace. Just as affecting as the aria is Maria's duet with Leicester, 'Da tutti abbandonata', which leads to a brief sextet whose opening phrase (E sempre la stessa') sung by Elisabetta may have been in Verdi's mind seventeen years later when he came to write Leonora's opening phrase in Il Trovatore's "Miserere' duet. The scene in which Elisabetta and Maria (the two rivals who in real life never met) confront each other, described in Donizetti's score as 'Dialogo delle due regine" (Dialogue of the two Queens), subordinates’ music to the demands of the dramatic situation. However, music takes precedence over drama in the finale of the act, with pent-up emotions finding release in a fast and furious stretta.
After a brooding, restless orchestral prelude, Act III begins poorly with a carelessly written duettino for Elisabetta and Cecil which becomes a very ordinary trio with the entrance of Leicester. But this last act improves as it progresses. Its second scene is that of Maria's 'Duetto della Confessione" with Talbot, a beautifully written scene in which the sacrament of confession is administered to the Catholic Queen who comes to terms with her conscience in a moving larghetto ("Quando di luce rosea") ushering in a duet of a scale, intensity, and inexorable forward movement that one has come to think of as essentially Verdian.
The opera's finest scene is its last, with an ominous prelude, an elegiac, grief-laden 'Inno della morte' for a chorus of Maria's friends (surely the inspiration for more than one of Verdi's great choruses), and Maria's solo finale. Her voice rises to sustain a high note (G above the stave) for several bars above the chorus in the prayer ("Deh! Tu di un umile preghiera il suono odi') which is preceded by recitative prominently featuring a melancholy clarinet solo together with a muted comment from the chorus. This extremely moving number is based on a melody from li Parie which was to be used yet again by Donizetti, with modifications, in both Linda di Chamonix and Le Duc d'Albe. Maria's sad yet serene final larghetto ("Di un cor che more'), called in the score Aria del supplizie or Execution aria, is followed, as she prepares to mount the scaffold, by a simple, dignified, and intensely moving cabaletta, 'Ah! se un giorno dequeste ritorte.
"Dom Sébastien? Un' opera che può svelarsi ' nostra' , viva, attuale. Grazie al nodo centrale che la caratterizza: l' incontro-scontro tra due mondi, due culture e religioni, il cattolicesimo e l' islamismo. Con l' onda di passioni e fanatismi che ne consegue". Parla Pier Luigi Pizzi, regista, scenografo e costumista del Dom Sébastien che apre la stagione del Comunale di Bologna. Raffinato e fuori dalle mode, votato a un' emozione totale del teatro ("non ho mai considerato che per me esistesse qualcosa di altrettanto importante"), Pizzi affronta l' opera di Donizetti con la consapevolezza di un artista che appartiene al nostro tempo: "Quel che mi ha più interessato nella vicenda, inclusiva di una parte storica, con personaggi realmente esistiti, è il conflitto tra i protagonisti: Zayda, la sola donna dell' opera, e Dom Sébastien, re del Portogallo. Personaggi agli antipodi, come i mondi che riflettono: l' Islam e il cattolicesimo di fine 500. E' dalla loro opposizione che può nascere una chiave drammaturgica efficace". In che modo questa lettura influisce sulle scelte dell' allestimento? "Dal punto di vista figurativo la religione, presenza forte e anche sinistra nell' opera, determina una scelta cromatica orientata su toni cupi, dominata dal colore del bronzo, ma un bronzo acceso da bagliori. E la regia accoglie atmosfere a volte violente, come la battaglia del secondo atto. Violenza giustificata, visto che per un verso, quello del cattolicesimo, ci si riferisce agli anni dell' Inquisizione, mentre l' altro versante, il mondo islamico, appare attraversato da un fanatismo integralista oggi di attualità scottante". Questa considerazione non le ha ispirato aggiornamenti modernisti? "Operazioni tipo mettere l' Algeria odierna al posto del Marocco del libretto? Per carità! E' una moda superata, anche se capita ancora che qualche regista si lasci sedurre da questo genere di interventi assurdi e fin troppo visti. A Vienna per esempio, di recente è andato in scena un Guglielmo Tell pieno di divise naziste... Che senso ha? E' molto più serio fare quello che ha chiesto l' autore, magari isolando le peculiarità di un' opera e trovando il modo di renderle importanti. Eleggendole chiavi di lettura, senza per questo forzare o stravolgere il libretto". Dom Sébastien è un' opera ardua da affrontare per un regista? "Non facile, certo. C' è il rischio di cadere nella trappola dell' enfasi a scapito dell' espressione. Ha la struttura tipica del grand-opéra, fastosa e piena di tributi al gusto parigino dell' epoca. Il libretto di Scribe ha aspetti ridondanti, e la scansione dei cinque atti, che proponiamo integralmente, include ben 20 minuti di balletto, per una durata di tre ore e mezza. Nella ricerca di simmetria, la mia regia unisce i primi due atti, lascia il terzo isolato e mette insieme gli ultimi due". Qual è il suo rapporto con Donizetti? "L' ho frequentato molto, anche se mi mancano appuntamenti importanti come Don Pasquale. Come scenografo ho fatto una Maria Stuarda con la regia di De Lullo al Maggio Fiorentino del ' 67, con due star come Leyla Gencer e Shirley Verrett: un trionfo, oltre che la rivelazione di un' opera straordinaria caduta nell' oblio. L' anno dopo, alla Scala, sempre con De Lullo, firmai una Lucia diretta da Abbado, ispirata alla nebbie di Turner. In seguito sono tornato a Donizetti come regista: con Lucia (alla Scala), Les martyrs, Poliuto... E' un compositore che non concede più di tanto al regista, le sue opere sono innanzitutto per cantanti. E se è al suo meglio quando scrive per le voci, può essere meno felice nelle parti di contorno, con cori e balli al limite della convenzione". Che percorso segue l' esplorazione? "Quello della ricerca del sentimento dei personaggi a cui è affidata l' emozione della storia, che in Dom Sébastien consente di far emergere passaggi intensamente lirici. E quello che punta, musicalmente, al massimo rigore esecutivo, più che mai necessario in un' opera tanto faraginosa e affollata, assediata da un perenne horror vacui. E' quel che si è tantato di fare qui, con il maestro Gatti. Anche la parte del balletto, con artisti come Carla Fracci, George Iancu e Roberto Bolle, evita il decorativismo in nome di un drammaturgia compatta". Dom Sébastien è stata rappresentata molto poco, fin quasi a scomparire dai cartelloni dei teatri. Come spiega questa scarsa fortuna? "E' un' opera esigente, faticosa da mettere in scena, che richiede uno sforzo produttivo immane. è un' opera che è stata molto mal eseguita e devastata dai tagli, che a Bologna rigorosamente evitiamo".
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“Virtue was not your portion from your mother; Well know we what it was which brought the head of Anne Boleyn to the fatal block. [louder] A bastard soils, profanes the English throne”. (Shiller, 1800, p.366]
The confrontation scene is also the dramatic
highpoint of Donizetti’s 1835 opera Maria Stuarda. Those who heard great operatic
actresses Like Leyla Gencer, Beverly Sills, and Joyce DiDonato, in the role of
Maria are likely never forget the sung/shouted epithet directed at the
provocative Elizabeth that brings on Maria’s execution.
From the libretto by Giuseppe Bardari:
Quite a mouthful!
I'll Never Stop Saying Maria > Opera News > The Met Opera Guild
Maria Stuarda > Opera News > The Met Opera Guild
COMPLETE RECORDING
Recording Excerpts [1968.05.02]














