RECITAL – SPOLETO

Teatro Caio Melisso
29 June 1975
Una Voce per Dino Ciani
A Voice for Dino Ciani

XVIII. FESTIVAL DEI DUE MONDI 

Leyla Gencer soprano
Edoardo Müller piano

Schumann Frauenliebe und Leben, op 42 Seit ich ihn gesehen
Schumann Frauenliebe und Leben, op 42 Süßer Freund, du blickest mich verwundert an
Schumann Frauenliebe und Leben, op 42 Er, der Herrlichste von allen
Schumann Frauenliebe und Leben, op 42 Nun hast du mir den ersten Schmerz getan

Chopin Polish Songs op.74 No.1 Zyczenie (The Wish)
Chopin Polish Songs op.74 No.2 Wiosna (Spring)
Chopin Polish Songs op.74 No.10 Wojak (The Warrior)
Chopin Polish Songs op.74 No.19 Dumka (Reverie)

Bellini Composizioni da Camera Il fervido desidero Arietta
Bellini Composizioni da Camera Dolente immagine di Fille mia Arietta
Bellini Composizioni da Camera Vaga luna, che inargenti Romance
Bellini Composizioni da Camera Ma rendi pur concento Arietta

Donizetti Amor, mio nume, eccomi a’ piedituoi
Donizetti La mere et l’enfant
Donizetti La corrispondenza amorosa

Liszt Tre sonetti di Petrarca No.1 Pace non trovo
Liszt Tre sonetti di Petrarca No.2 Benedetto sia il giorno
Liszt Tre sonetti di Petrarca No.3 L’vidi in terra angelici costumi

Recording date


RECITAL LEYLA GENCER
in memoria di DINO CIANI
 
Che cosa vuole fare Leyla Gencer, lasciando i manti, i troni, i tempi lontani dove fa nascere i suoi personaggi, su nel magico e vasto palcoscenico, e cantando in prima persona questa splendida raccolta di poesie musicate, di canzoni ? Un atto di cultura ? Anche, perchè la grandezza degli autori, l'accostamento di pensieri, stili, momenti così differenti, non può lasciare indifferente chi è abituato a riflettere sulle realtà artistiche e sulla storia. Uu gesto di fantasia? Certo; dato che la più operistica delle cantanti, quella che sa far piangere con una mezza frase improvvisa che nella partitura sfugge all'occhio dello stesso intenditore, per quei miracoli di presenza, di gioco scenico, di verità del canto, davanti a testi come quelli che presenta farà certo, pur dentro allo stile cameristico, le sue imprevedibili scoperte. Una serata come a casa sua, senza altri problemi che la voglia di cantare e d'ascoltare, prendendo spartiti e leggendoli fino a notte, e magari telefonando agli amici ormai in ora impossibile perché si uniscano nel vivere queste esperienze musicali spontanee, intense, irripetibili ? È probabile: perchè una scelta tanto personale e tanto libera del programma sembra proprio voler tenere conto di questa intesa, la gioia di far musica, la volontà di capire, di riflettere, di sentire con lei ciò ch'ella prova. Ma tutto questo le verrà un pò da sè, senza pensarci direttamente, atto di vita come il respirare, come il provare sentimenti, come l'incontrar gente.
 
E allora, che cosa ha voluto fare, questa Leyla nuova con le sue poesie e le sue canzoni ? Più di tutto un invito a cercare dentro ai grandi romantici europei le verità più semplicemente, più direttamente dette, le confidenze - quasi più indifese, un colloquio tramite lei fra loro e noi, senza ufficialità, solo con arte, con intelligenza, con talento.
 
Comincia dunque con il tenero, appassionato, angoscioso Robert Schumann, con quattro illuminazioni affettuose e toccanti, l'incantesimo dell'amore, la gioia, la lacrima, la solitudine. Scritte nel 1840, a trent'anni, aperte da una frase come se il discorso fosse già iniziato da tempo, e continuate così, armonie mutevoli sulle parole quasi dette, colori intensi fatti di sfumature e nati da un animo partecipe d'ogni vita che nasce nella parola, fino all'ultima amara confessione, di chi porta nel segreto di sè la felicità perduta, mentre il pianoforte termina da solo quello che le parole più non possono dire. Continua con Fryderyk Chopin, nelle pagine ritrovate dopo la sua breve vita, e scritte negli stessi anni di Schumann: non il grande, virtuosistico e anche un poco spettacolare Chopin delle grandi Polacche, ma uno Chopin più ingenuo e lieve, con queste melodie polacche che paiono quasi canzoni popolari, sia che la fanciulla si protenda verso la natura, o che la piccola pastora senta la Primavera e intoni il triste canto della sua terra, sia che s'infiammi il cuore in un'immaginaria cavalcata in battaglia. Ma l'ultima canzone, con la sua raccolta eleganza, col suo giro nitido di frasi, con la sua insistenza su poche note racchiuse nella trepida malinconia del mondo minore, è densa e inconfondibile come un preludio breve, come un interrogativo che sembra dire serenità lontana e segreta inquietudine. Poi ci sono gli operisti italiani, cari alla nostra interprete, più espansivi, più teatrali, eppure qui anch'essi attenti a non valicare, con la forza della loro capacità d'entusiasmare le folle, il limite d'un Lied da comunicare quasi a tu per tu. All'inizio, sembra quasi che siano composizioni di genere, cioè fatte come omaggio quasi a una moda: invece, poco a poco, si sente lo spazio delle cose appena accennate e non dette, come se Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti ci stessero rivelando quali fantasie, quali invenzioni, quali sentimenti dettano le loro opere, presentandoci come degli appunti riservati del loro lavoro. E di Bellini, ad esempio, Vaga luna che inargenti » dà il brivido di quelle melodie lunghissime, che sembrano poter non finire mai, tanto ogni frammento di frase è come un momento di un fluire di battute che illimpidisce le parole nella logica e nella bellezza della musica. Non ci sono precise date per tutte queste composizioni: per Bellini si parla di prima del '30; per Donizetti, poco dopo quell'anno. Ma non sono tali da attirare l'attenzione, sono invece come lo schizzo tracciato da un grande pittore, che lascia intravvedere ciò che la fantasia nasconde ancora e già suscita; e che sembra venir tracciato, sicuro, affascinante, per ciasuno di noi, come amici. Chiude Franz Liszt, ma in realtà chiudono insieme Liszt e Francesco Petrarca. Del famoso e grandissimo poeta medioevale italiano, Liszt offre una specie di lettura musicale critica. Nella musica di Liszt che scrisse già nel 1883, c'è tutta la sapienza di chi ormai ha conosciuto la maturità della stagione romantica, sa le meraviglie che possa sprigionare un pianoforte, e della fonda inquietudine del fraseggio e dell'armonia fa un'occasione per riassumere, accennare, chiarire le emozioni e anche le riflessioni che la parola invita a compiere; mentre il testo poetico si distende incantato e gentile, forte e chiaro, a cantare la bellezza d'amore. Non sono davvero molti che alla fine dell'Ottocento, anche fuori dal mondo musicale, sapessero leggere Petrarca in questo modo, con tanta ricchezza, con tanto spazio e tanto suadente raccoglimento. E Leyla Gencer ci lascerà con un canto alla fine sommesso, lieve e suo come all'inizio, e ancora con questa vita dentro, nata chissà perché, chissà come, come un dono da spartire in amicizia e semplicità.
 
Franco Lorenzo Arruga

L'UNITA                                          
1975.03.15

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1975.03.22

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1975.06.11

LA STAMPA                                              
1975.06.18

L'UNITA                                          
1975.06.29

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1978

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1982