SIMON BOCCANEGRA

Giuseppe Verdi (1813 - 1901)
Opera in three acts in Italian
Libretto: Francesco Maria Piave from a play by Gutiérrez
Premièr at Teatro La Fenice, Venice – 12 March 1857 
26, 28 December 1958
Teatro San Carlo, Napoli

Conductor: Mario Rossi
Chorus master: Michele Lauro 
Stage director: Aldo Mirabella Vassallo
Scene and costumes: Camillo Parravicini (from Opera di Roma)
 
Amelia Boccanegra LEYLA GENCER soprano [Role debut]
Gabriele Adorno a patrician MIRTO PICCHI tenor
Simon Boccanegra a plebian later Doge TITO GOBBI baritone
Jacopo Fiesco a patrician FERRUCIO MAZZOLI bass
Paolo Albiani a plebeian WALTER MONACHESI baritone
Pietro a plebeian GIOVANNI AMADEO bass
A Captain GINO SARRI tenor
Un ancella di Amelia ANNA MARIA BORELLI soprano
 
Time: Fourteenth Century
Place: In and near Genoa

Recording date 

Photos © FOTO TRONCONE, Napoli
















CONTRACT FOR THE PERFORMANCES

1958.07.03

CORRIERE DELLA SERA                                                  

1958.12.27

MUSICAL AMERICA                                              
1959 March

OPERA MAGAZINE                                                 
1959 April 

RADIOCORRIERE.TV                                                 
1959 April 19 - 25

DAL TEATRO SAN CARLO DI NAPOLI


SIMON BOCCANEGRA
 
Soltanto negli ultimi tempi quest'opera, che svela un Verdi innamorato del mare, ha acquistato una solida rinomanza cancellando l'ombra dei primi fiaschi. Protagonista Tito Gobbi.
La prima rappresentazione del Simon Boccanegra, avvenuta al teatro La Fenice di Venezia la sera del 12 marzo 1857, fu un fiasco: per essere precisi e per esprimersi come lo stesso Verdi, un fiasco altrettanto grande che quello della Traviata. Infatti, dopo poche repliche, la nuova opera del celeberrimo maestro fu sostituita da uno spettacolo più sperimentato e meno discutibile.
Ripreso a Reggio Emilia, Simon Boccanegra ebbe esito migliore; e così a Napoli. Ma a Milano poi cadde di nuovo. Che sia proprio da buttar via? si domandava l'autore. Eppure gli pareva d'averci messo “qualche cosa di buono, se non altro qualche intenzione che non è da sprezzarsi”.
Che cos'è questo Simon Boccanegra, che oggi, un po' faticosamente, va acquistando una solida rinomanza e che perciò figura con maggior frequenza nei cartelloni dei massimi teatri lirici come. la settimana corrente in quello del San Carlo di Napoli donde appunto la Radio ha stabilito un collegamento diretto? E' un melodramma storico dal sog. getto alquanto imbrogliato, su libretto del Piave, E' anche un melodramma patriottico, dove l'amore non ha quasi modo di spiegare le ali. E ciò fa comprendere la sua impopolarità nell'epoca del tardo romanticismo musicale italiano.
Simon Boccanegra, già corsaro, viene eletto doge di Genova. E' uomo generoso, il cui grande scopo è quel lo di sostituire alla lotta delle fazioni l'autorità dello Stato. Ma ha molti nemici: tra gli altri, Jacopo Fiesco, padre della donna amata e involontariamente disonorata da lui; e più insidioso, Paolo Albiani, una specie di Jago.
Maria, figlia di Simone, conosciuta come Amelia, ama Gabriele Adorno e ne è riamata. Tanto Gabriele che Jacopo rinunciano a congiurare contro Simone dopo aver scoperto che questi è il padre di Amelia. Ma Paolo ricorre allora al veleno. Simon Boccanegra si spegne rivolgendo i suoi estremi pensieri alla figlia e alla Patria. E' uno dei magnanimi padri del mondo verdiano. La sua potenza di personaggio fa pensare a Boris Godunoff, opera che fu rappresentata per la prima volta diciassette anni dopo. Si sente comunque che Mussorgski subiva, nonostante la libertà del suo genio, l'influsso di Verdi e in genere del melodramma serio italiano.
Nulla di avvilente né per una parte né per l'altra in questa superba equivalenza. L'italiano e il russo rie. scono sempre originali. Tuttavia l'arte dell'uno e l'arte dell'altro espri mono come una fiera solidarietà che il tempo va rendendo sempre più palese.
Verdi, col suo Simon Boccanegra, fu più sfortunato del massimo compositore russo; ma in compenso nessuna sua opera fu rielaborata, anzi addomesticata, da musicisti più eleganti che robusti; né egli avrebbe mai consentito una cosa simile. Raddrizzare i rampini delle partiture di Giuseppe Verdi?
Simon Boccanegra paragonabile a un vasto quadro cupo che a prima vista sembri troppo pieno: gli ascol tatori della Radio aspettino con pazienza prima di giudicarlo. Soprattutto, cerchino di guardare il quadro dalla distanza giusta.
Non c'è una seducente parte di soprano. I tenori sono ancora più sacrificati. Troppi bassi, e nessuno che predomini definitivamente. I baritoni sono ben quattro; ma uno solo, Simon Boccanegra, ha una parte da leone. E' però un vecchio leone, stanco, oppresso dai nemici, amante della pace in un paese e in un'epoca di discordie sanguinose. Si tratta quindi di un personaggio triste, doloroso; di uno spirito lacerato; di un vulcano che sta per spegnersi. Il Simon Boccanegra è realmente tutto un tramonto tempestoso.
Tramonto di un uomo profondamente sconvolto dal dramma della sua vita; di un padre infelice, di un cittadino deluso nelle sue più pure aspirazioni. La figura del doge Simone non è nuova tanto per le Arie assegnate alla parte quanto per la sua gigantesca collocazione nella vicenda tragica, per i suoi inconfondibili accenti, per le sue vaste possibilità di punto di riferimento musicale. A motivo del suo geloso amore per tale figura, Verdi, più di vent'anni dopo, rifece l'opera con l'aiuto di Arrigo Boito, purgandola, perfezionandola, conferendole uno strano senso di modernità.
Simon Boccanegra è anche una manifestazione del chiuso amore che Verdi aveva per Genova, per la Liguria e per il mare. Da vecchio egli passava volentieri l'inverno a Genova; e in quest'opera chi abbia buon orecchio sente di continuo l'eco dei flutti: dal principio alla fine un murmure ora aspro ed ora lieve che, musicalmente, ha non di rado valore di effetto impressionistico o preimpressionistico. Sono per lo più caute aperture sull'im mensità marina, vagheggiamenti romantici, misteriose nostalgie. Il mare di Verdi è un mare possente ed ingenuo, visto dal lido con ammirazione, timore, entusiasmo infantile, venerazione.
Nel prologo, i rapidi interventi del coro sono come colpi di mare, e il canto di Simone comprende spunti di ballata marinara: “Del mar sul lido tra gente ostile Crescea nell'ombra quella gentile....”.
Nel canto di Amelia poi c'è la più delicata confusione tra amore e mare ( Vieni a mirar la cerula Marina tremolante. Là Genova troneggia sul talamo spumante»); e la voce di Gabriele fa sì che il linguaggio dei duetti amorosi diventi ancora più metaforicamente ondoso. Ripara i tuoi pensieri Al porto dell'amor..
Si potrebbe estendere l'analisi all'intera opera. Basti il refrigerio che la marina brezza porta a Simone straziato dal veleno, quel tremendo e così melodioso respirare l'aura beata del libero cielo.
La grazia della storia d'amore è qui particolarmente vaga, ed anche piuttosto estenuata a causa di una sensualità che anticipa la romanza della fine del secolo: la segreta grandezza dell'opera sta nella passione con cui l'autore medita sugli antichi crucci d'Italia, nel suo focoso sentimento civico, nella sua eroica virilità non estranea allo spirito di profezia, nella sua purtroppo inutile sapienza di vate, nell'infinita ansia di redenzione, di riposo, di trasfigurazione. L'invocazione finale di Maria e di Gabriele inginocchiati davanti al corpo morto di Simone, arieggia con sublime intuizione al “Pater noster”. [Emilio Radius]

                

COMPLETE RECORDING                  
1958.12.26

Recording Excerpts [1958.12.26]

Che dicesti? All’onor di primo abate Prologue Scene I
L’altra magion vedet? Prologue Scene IV
A te l’estremo addio, palagio altero Prologue Scene V
Il lacerato spirito Prologue
Suona ogni labbro il mio nome Prologue Scene VI
Del mar sul lido fra gente ostile Prologue
Oh de’ Fieschi implacata Prologue Scene VI
Introduction Act I Scene I
Come in quest’ora bruna Act I Scene I
Cielo di stelle orbato Act I Scene I
Vieni a mirar la cerula Act I Scene VI
Propizio ei giunge! Act I Scene I
Vieni a me, ti benedico Act I Scene I
Paolo! … Signor Act I
Favelia il Doge Act I Scene VI & VII
Orfanella il tetto umile Act I Scene VII
Alcun la non vedesti Act I
Figlia! A tal nome io palpito Act I
Messeri, il re di Tartaria vi porge Act I
Morte al Doge? Sta ben Act I
Fresici! Act I
Plebe! Patrizi! Popolo Act I
Ecco la spada Act I
Quei due vedesti? Act II Scene I
Prigioniero in qual loco m’adduci? Act II
O inferno! Amelia qui! Act II Scene V
Cielo pietoso, rendila Act II
Tu qui? Act II Scene VI
Figlia! ... Sì afflitto, o padre mio? Act II Scene VII
Doge! Ancor proveran la tua clemenza Act II
Perdon, perdon Amelia Act II
All’armi, all’armi, o Liguri Act II Scene IX
Evviva il Doge! Act III Scene I
Cittadini! Per ordine del Doge Act III
M’ardon le tempia... Act III
Era meglio per te! Act III
Piango, perché mi parla Act III Scene V
Chi veggo! Act III Scene V
Gran Dio, li benedici Act III Scene V