MONTE IVNOR
Premièr at Teatro Reale, Roma – 23 December 1939
Imar RENATO GAVARINI tenor
Wladimiro Kirlatos GIUSEPPE TADDEI baritone
Tepurlov GIORGIO ALGORTA bass
Gregor Miroj GIORGIO MIROJ bass
Il capo dei gendarmi ENZO FELICIATI bass
Maravaid GIOVANNI AMODIO bass
Kuttarin ANNA DI STASIO soprano
Danilo AUGUSTO PEDRONI tenore
Droboj GIUSEPPE MICUCCI bass
Ivanaj PIERO DE PALMA tenor
Un operaio GAETANO VALENTINI tenor
Time: End of 19th Century
Place: Caspian Sea

Iniziati gli studi a Torino, si è poi perfezionato a Milano, in composizione, con G. Orefice. Dal 1940 al 1966 ha diretto il conservatorio di Torino, rifiutando nel 1950 la nomina a direttore del conservatorio di Roma. Dal 1936 è membro dell'Accademia nazionale di Santa Cecilia. Su relazione di Pizzetti ebbe un premio per la musica dall'Accademia d'Italia ed ha avuto nel 1961 la medaglia d’oro statale dei benemeriti della scuola, dell'arte e della cultura. Nella sua produzione, prevalentemente operistica, ha per sua natura conciliato la migliore tradizione italiana con le esigenze del teatro contemporaneo. 1048 Caratteristica la spiccata facoltà di saper ricreare gli ambienti e le atmosfere più diverse, realizzandole con personale invenzione. Le stesse liriche e le altre pagine da concerto, fra le quali tipiche spiccano quelle per piccoli complessi, possono essere considerate come visioni che egli rivela attraverso la propria emozione. Ma anche dove manca l'indicazione di un testo patetico, nella musica sinfonica o da camera l'autore ugualmente aderisce ad un'intenzione di origine immaginativa che ne dirige lo svolgimento. Per quanto fortemente legato volta a volta alle più disparate situazioni ambientali, il linguaggio musicale ha sempre conservato una profonda ricchezza pur negli impasti strumentali amari ed ambigui e nelle armonie e polifonie più spinte: azione, musica e parole giungono così allo spettatore in modo unitario e subitaneo.
BOZZETTO PER L’OPERA “MONTE IVNOR”
Attraverso i molteplici stadi dell'esperienza la sua personalità ha raggiunto la sintesi di un mondo poetico ricco di emozioni diverse, in un arricchimento della tavolozza espressiva. "Brutale" e scabra appare a volte la materia musicale; il suono inteso come provocatore di un ambiente giunge sino a delle espressioni primitive e barbare, e balenano così, improvvise, luci violente e taglienti. Rocca ha trovato un tono suo personale. Non accontentandosi di risultati ch'egli avrebbe raggiunto con una certa facilità e sicurezza nell'ambito del moderno accademismo detto d'avanguardia, ha sempre cercato tenacemente di dar voce coi mezzi propri al suo acceso e fantastico temperamento"

LE NOVITA' AL SAN CARLO
Non si vorrà dire che la emozione indubbiamente profonda del musicista, nata dalla radice di un'intensa partecipazione umana ed etica all'epica e pietosa vicenda narrata, trovi costantemente l'adeguato segno espressivo; nè che il clima drammatico non abbia nel corso dell'opera le sue cadute e i suoi vuoti; nè che la trasfigurazione di quel dramma in accenti di poesia appaia continua, nè che in frequenti casi la parola non resti prosasticamente scoperta, svelando l'artificio di un rivestimento musicale, e talvolta di seconda mano, più. che un'interiore rievocazione di essa in luce di suoni. Ma nel complesso l'opera colpisce, e nei punti culminanti avvince, e in alcune pagine raggiunge per vigoria o per delicatezza un alto clima poetico.
L'orchestra è sempre impegnata e vigile, e non soltanto in una funzione di commento, ma di attiva creazione del clima psicologico, con risultati quasi sempre di vivà efficacia e di densi colori, nonostante alcune zone di un po' stanca monocromia strumentale. Il fondo orchestrale si slarga in quello corale; e poichè l'azione che qui si svolge impegna l'intero popolo ad essa partecipante, elevandosi a dramma di sentimenti collettivi, il coro ha in quest'opera una funzione sovrana. I suoi canti distesi o concitati, cangevoli col volgere degli stati d'animo. talvolta violentemente e crudamente chiaroscurati nell'urto delle contrastanti passioni, non rappresentano soltanto lo sfondo sonoro del dramma, ma s'identificano con esso.
Tuttavia, questa funzione prevalente del coro non appiattisce il rilievo dei sentimenti non collettivi dei pochi personaggi che spiccano [.........] ce introduzione su un fresco tema di pastorale.
Con un altro episodio il compositore pensava di creare una nota d'ilare comicità in contrasto con l'atmosfera d'incubo e di terrore che precede la triste decisione dell'esodo; ed è quello dell'entrata del capo dei gendarmi, con la sua violenta soldataglia, per leggere l'ordine di bando. Ma la figura del personaggio risulta musicalmente di un profilo non grottesco, ma piuttosto goffo e manierato.
C'è infine l'episodio della morte, del giovinetto Dànilo, che accanto ad alcune tra le pagine più meste o più accese del coro, è, come si vedrà tra poco, il momento più bello e forse il più alto e solenne dell'opera, soprattutto per la temperanza dei toni in cui si avvolge.
Photo: Una scena del 2. atto: Leyla Genger, Renato Gavarini, e Giuseppe Taddei
Pur nella personale rielaborazione del moderno patrimonio tecnico e linguistico, due punti di riferimento tornano con maggiore frequenza in questa partitura: [.........]
E se era meno arduo difendersi dalla psicologia cruda ed effusiva del verismo appunto nei vasti interventi corali, doveva poi essere tutt'al atro che agevole sfuggire a tutte le insidie di una reazione lacrimosa nel ricordato episodio dell'uccisione dell'adolescente Dànilo, tanto più che quell'episodio non risparimia allo spettatore la visione del cadavere del giovinetto, [prima trasportato a braccia, poi deposto in terra e scoper to agli occhi del padre, e da costui lungamente carezzato e palpeggiato come ancor viva creatura. Qui la commozione del musicista di fronte al tenero virgulto stroncato si spiega alta, serena, senza un sussulto, senza un attimo di debolezza, e diffonde un sentimento di stupore per effetto di un raro senso di decoro umano ed estetico. Consideriamo l'elegiaco episodio come la gemma dell'opera per la estrema compostezza che ne governa musicalmente, in un'atmosfera incantata, ogni tratto, per la silenziosa pietà che esso ispira frenando [.........] ne di una parte che richiede penetrazione psicologica e varietà di tocchi.
Superbamente ha cantato, e con rara nobiltà e duttilità nell'individuazione del personaggio generosissimo (Vladi miro) Giuseppe Taddei. sua interpretazione ci ha testimoniato ancora una volta come in lui sia innato il senso dell'arte sopratutto nella contenuta densità e nella frenata commozione con cui ha condotto la pagina più teneramente pietosa del dramma, senza veristici scotimenti singulti.
Molto bravo anche il tenore Renato Gaverini nell'appassionata e difficile parte di Imar, di cui ha saputo ritrarre, con adeguata voce e con accorto equilibrio, la tormen tata vicenda interiore tra la vendicativa fierezza e le pene d'amore.
Il basso Giorgio Algorta ha rivestito di ieratica solennità, con la nobiltà del gesto e i bei colori della sua voce sana e profonda, la figura dell'arciprete.
La compagnia si fregiava anche del nome della sempre apprezzatissima e intelligente cantante Miriam Pirazzini, che riesce a dare vita e rilievo anche a figure non centrali, come, questa volta, quella dell'indovina Naike. Con qualche ma limpidamente ha cantato, nella parte dell'adolescente Danilo, Augusto Pedroni. Proprietà di personificazione e sicurezza abbiamo notato anche questa volta nel Gaudioso (il sindaco), nella Di Stasio, nel De Palma, nell'A- modei, nel Micucci, nel Valentino. Di una brutalità non temperata dai desiderati tocchi grotteschi è apparso Enzo Feliciati nella parte del Capo dei gendarmi. Ma si è visto che questo personaggio manca anche musicalmente dall'ambiguità, per così dire, eroicomica, che era nelle intenzioni dell'autore.
A posto le musiche interne e in scena.
Bravi come sempre, nelle loro diverse mansioni tecniche, il Curcio, il Morino e il Di Scala.
Non tocca frequentemente ad un compositore contemporaneo l'incontrastato successo raccolto ieri sera da Ludovico Rocca col Monte Ivnor: successo che dopo l'atto centrale si può dire senza ombra di esagerazione caloroso, ma che già si era delineato, quantunque ancor timidamente, alla fine del pri mo atto con quattro chiamate ai cantanti è al maestro La Rosa Parodi delle quali [.........]