MONTE IVNOR
Lodovico Rocca (1895 - 1986)
Opera in three acts in Italian
Libretto: Cesare Meano, Franz WerfelPremièr at Teatro Reale, Roma – 23 December 1939
17† October 1957
Auditorium RAI, Milano
Conductor: Armando La Rosa Parodi
Chorus master: Roberto Benaglio
Imar RENATO GAVARINI tenor
Wladimiro Kirlatos ANSELMO COLZANI baritone
Tepurlov NESTORE CATALANI bass
Gregor Miroj JORGE ALGORTA bass
Il capo dei gendarmi LEONARDO MONREALE bass
Maravaid LEONARDO MONREALE bass
Kuttarin JOLE DE MARIA soprano
Danilo AUGUSTO PEDRONI tenor
Droboj SALVATORE DE TOMASO bass
Ivanaj WALTER BRUNELLI tenor
Un operaio WALTER BRUNELLI tenor
Time: End of 19th Century
Place: Caspian Sea
† Recording date
Chorus master: Roberto Benaglio
Edali LEYLA GENCER soprano
Naiké MIRIAM PIRAZZINI mezzo-sopranoImar RENATO GAVARINI tenor
Wladimiro Kirlatos ANSELMO COLZANI baritone
Tepurlov NESTORE CATALANI bass
Gregor Miroj JORGE ALGORTA bass
Il capo dei gendarmi LEONARDO MONREALE bass
Maravaid LEONARDO MONREALE bass
Kuttarin JOLE DE MARIA soprano
Danilo AUGUSTO PEDRONI tenor
Droboj SALVATORE DE TOMASO bass
Ivanaj WALTER BRUNELLI tenor
Un operaio WALTER BRUNELLI tenor
Time: End of 19th Century
Place: Caspian Sea
† Recording date
RADIOCORRIERE.TV
1957 October 13 - 19
MARIA RINALDI

STAGIONE LIRICA DELLA RAI
MONTE IVNOR un'opera di Lodovico Rocca
Dramma d'anime e di popolo, ispirato da un romanzo di Franz Werfel, fu rappresentato per la prima volta al Teatro dell'Opera di Roma nel 1939.
Monte Ivnor, quarta opera di Lodovico Rocca compositore
di valore e attuale direttore del Conservatorio Giuseppe Verdi di Torinosi
trova esattamente tra li dibuk, che è del 1933, L'urogane, che è del 1952. Il
dramma musicale venne rappre sentato la prima volta al Teatro del Opera di Roma
il 23 dicembre 1930, sotto la direzione di Tullio Serafin, ottenendo un
successo caloroso, tanto che venne subito ripreso da altri teatri, anche
dell'estero. La trama, stesa da Cesare Meano, fu ispirata al romanzo quaranta
giorni del Mussa Dagh di Franz Werfel: ma nel 1939 la cosa doveva essere igno
rata a causa dell'origine ebraica del lo scrittore. Non solo, ma l'azione venne
anticipata al secolo XIX per la località venne preferito un paese montano sulle
rive del Mar Caspio. Se qualche personaggio sof fre per forzato mutamento di
tempo e di luogo, se qualche momento dell'azione perde di efficacia rispet to
al lavoro originale, la colpa non può essere attribuita al Meano, ma alle
assurde leggi di quell'epoca. II commediografo fu infatti costretto a mutare e
a mascherare il romanzo del Werfel, quasi non avesse avuto già sufficienti
preoccupazioni con il solo trapasso dalla forma narra. tiva a quella teatrale.
Comunque è indubitato che il Meano riusci a tra sferire buona parte dello
spirito ani matore e del clima eroico dell'epi sodio guerriero nel libretto per
ma sica, tanto è vero che fu notato co me i bagliori corali che si accen dono
nel tre atti non mutano il tono dell'opera: accenti di speranza, esplo sioni
mistiche, invocazioni che r spondono agli accenti disperati di chi si trova in
grave periglio. I dramma presenta infatti la popola zione di un piccolo paese
alpestre sulla quale pesa, da parte di un ne mico invasore, una minacela di bando.
Popolanie maggiorenti stanno per rassegnarsi alla foro dura sorte, quando un signore del luogo, Via dimiro Kiriatos, propone di resistere al nemico, trincerandosi con le ar mi su di una montagna che sovra sta il paese, il Monte Ivnor. Tutto il popolo sale la montagna. Ma ecco che nel dramma del popolo viene ad Inserirsi un dramma d'anime. Una donna, Edali, già promessa al gio vane Imar, si accende di segreto amore per il capo e apostolo del paese, Kirlatos. Il deluso Imar intuisce il pericolo di perdere l'amata e accecato dalla gelosia, tradisce il proprio popolo, pur di colpire il ri vale. Il tradimento di Imar apre al nemico la via per raggiungere punto vitale della resistenza. La di fesa disperata eui ricorre il piccolo paese non sembra che valga a sal varlo. Il nobile Kirlatos perde nella battaglia il figlio che adora. Mancano le munizioni, i viveri sono pres soché finiti, serpeggia la ribellione che si volge contro il generoso capo. Ma quando tutto sta per rovinare, ecco alcune navi apparire all'oriz zonte. Sono navi amiche ed è la salvezza, Ma il valoroso Kirlatós r marrà sulla montagna. Nemmeno la fanciulla che, nell'ora tragica, gi presenta per palesargli il suo amore, riuscirà a rimuovere la sua de cisione. Anzi, con dolei parole di per dono, l'eroe affida la giovane svenuta al traditore pentito. Rimasto solo, Kirlatós potrebbe fuggire, ma non muove un passo. Una pattuglis ne mica gli va incontro. E colpito al petto e cade in terra, là dove cadde il figlio prediletto.
L'opera, pur presentando contrasti notevoli fra i maggiori perso naggi, ha un suo tipico sfondo co rale dove il Rocca palesa il meglio della sua personalità e della sua tec nies musicale. Un'opera di azione e di alti sentimenti, dove è sempre salvo il fondamento drammatico e teatrale. Tutto questo conferma, e la critica lo ha rilevato, che i Rocca non è soltanto un maestro del contrasto e del colore, ma un conoseltore del teatro, un artista dall'animo sensibile che sa raggiungere i neces sari equilibri. La sua umanità, prevalentemente dolorosa, lo guida ver so notevoli elevazioni; la saa anima, che conobbe più di un'amarezza riesce a cantare con naturalezza dol cissime sinnenanne. Dalla serenità di quadri tanto mistici come la di scesa delle campane e batte simo, il Rocca passa con rilevante facilità ad episodi di eccezionale importanza, come quelli dell'apparizio ne di Kirlatos e della morte del gio vane Danilo.
Nonostante la varietà degli episodi non manca un filo conduttore teso con indiscussa sapienza: quello tessuto apertamente dal condottiere e segretamente da personaggi plú escuri come la vecchia Naike In Monte lunor il dramma sorge con evidente plasticità, tanto che di ogni personaggio e di ogni momento dell'azione si coglie infallibilmente il late realistico e quello a sfondo morale: intreccio non facile a realiz zarsi, ma che era senza dubbio nel le segrete mire del compositore to rinese. Volendo è possibile penetra re un po' più addentro nella par titura, per rilevare come parola e musics formino una cosa sola, senza mai cadere in quel recitativo piatto e incolore che senza fallo conduce alla monotonia, Giustamente qualcu no ha rilevato che nella partitura esistono punti salienti, nei quali la musies s'individua in modo palese, come se azione e suono fossero sorti In un sol tempo. E questa crediamo sia la miglior Jode che possa rivol gersi a un musicista del secolo XX.
Photo: Leyla Gencer a colloquio con un vigile a Milano, la piazza della Scala. Il soprano turco, protagonista dell'opera di Lodovico Rocca. Interpreta il personaggio di Edell.
Popolanie maggiorenti stanno per rassegnarsi alla foro dura sorte, quando un signore del luogo, Via dimiro Kiriatos, propone di resistere al nemico, trincerandosi con le ar mi su di una montagna che sovra sta il paese, il Monte Ivnor. Tutto il popolo sale la montagna. Ma ecco che nel dramma del popolo viene ad Inserirsi un dramma d'anime. Una donna, Edali, già promessa al gio vane Imar, si accende di segreto amore per il capo e apostolo del paese, Kirlatos. Il deluso Imar intuisce il pericolo di perdere l'amata e accecato dalla gelosia, tradisce il proprio popolo, pur di colpire il ri vale. Il tradimento di Imar apre al nemico la via per raggiungere punto vitale della resistenza. La di fesa disperata eui ricorre il piccolo paese non sembra che valga a sal varlo. Il nobile Kirlatos perde nella battaglia il figlio che adora. Mancano le munizioni, i viveri sono pres soché finiti, serpeggia la ribellione che si volge contro il generoso capo. Ma quando tutto sta per rovinare, ecco alcune navi apparire all'oriz zonte. Sono navi amiche ed è la salvezza, Ma il valoroso Kirlatós r marrà sulla montagna. Nemmeno la fanciulla che, nell'ora tragica, gi presenta per palesargli il suo amore, riuscirà a rimuovere la sua de cisione. Anzi, con dolei parole di per dono, l'eroe affida la giovane svenuta al traditore pentito. Rimasto solo, Kirlatós potrebbe fuggire, ma non muove un passo. Una pattuglis ne mica gli va incontro. E colpito al petto e cade in terra, là dove cadde il figlio prediletto.
L'opera, pur presentando contrasti notevoli fra i maggiori perso naggi, ha un suo tipico sfondo co rale dove il Rocca palesa il meglio della sua personalità e della sua tec nies musicale. Un'opera di azione e di alti sentimenti, dove è sempre salvo il fondamento drammatico e teatrale. Tutto questo conferma, e la critica lo ha rilevato, che i Rocca non è soltanto un maestro del contrasto e del colore, ma un conoseltore del teatro, un artista dall'animo sensibile che sa raggiungere i neces sari equilibri. La sua umanità, prevalentemente dolorosa, lo guida ver so notevoli elevazioni; la saa anima, che conobbe più di un'amarezza riesce a cantare con naturalezza dol cissime sinnenanne. Dalla serenità di quadri tanto mistici come la di scesa delle campane e batte simo, il Rocca passa con rilevante facilità ad episodi di eccezionale importanza, come quelli dell'apparizio ne di Kirlatos e della morte del gio vane Danilo.
Nonostante la varietà degli episodi non manca un filo conduttore teso con indiscussa sapienza: quello tessuto apertamente dal condottiere e segretamente da personaggi plú escuri come la vecchia Naike In Monte lunor il dramma sorge con evidente plasticità, tanto che di ogni personaggio e di ogni momento dell'azione si coglie infallibilmente il late realistico e quello a sfondo morale: intreccio non facile a realiz zarsi, ma che era senza dubbio nel le segrete mire del compositore to rinese. Volendo è possibile penetra re un po' più addentro nella par titura, per rilevare come parola e musics formino una cosa sola, senza mai cadere in quel recitativo piatto e incolore che senza fallo conduce alla monotonia, Giustamente qualcu no ha rilevato che nella partitura esistono punti salienti, nei quali la musies s'individua in modo palese, come se azione e suono fossero sorti In un sol tempo. E questa crediamo sia la miglior Jode che possa rivol gersi a un musicista del secolo XX.
THE LISTENER
1958.11.20
MUSIC
Displaced Persons
THE TRAGEDY of the wholesale removal of populations from their established homes is no new one, though it has become more conspicuous during the past two decades. The danger of taking as a subject for a work of art such a topical theme, which is bound to arouse sympathy in all decent-minded people, is that the artist will not be able to transmute the raw material of reality into the more abiding substance of art. We can see what happens if this transmutation does not take place, in Menotti's The Consul, a 'slice of life' served up with an absolute minimum of worth-while music.
Lodovico Rocca, whose Monte Ivnòr, broadcast last week,. proved to be one of the B.B.C. Opera Department's best discoveries among unfamiliar works, does not fall into that error. The action, which might have taken place in some village of the Süd Tirol sub consule Mussolini, is removed to some vaguely specified locality in Asian Russia in the last century. Even so, performances of the opera were stopped by the Italian authorities soon after its production in 1939. It cut too near the bone.
As a music-drama Monte Ivnòr is a first-rate I piece of work. It is about real people, in whose actions one can believe, and not about the cardboard figures of Puccinian melodrama. Musically Rocca owes a good deal to Puccini. His melody in passionate scenes tends to rise and fall in an arc, the descent being given urgency by the introduction of a triplet. It is a type that derives through Puccini from Verdi, and in this respect, Rocca cannot be called an original or even a very distinguished creator of vocal melody.
Structurally his opera has a continuity derived, perhaps, from Mussorgsky, though there are precedents nearer home in Puccini's Girl of the Golden West which (whatever its gross faults) is more completely durchkomponiert than his earlier operas, and in the operas of Pizzetti. But the Mussorgskian influence is there, not only in the prominence given to the chorus, the ordinary citizens of the martyred village, but also in certain of the melodies, notably that of Kirlatos's lament for his son. This intensely moving scene has the bare simplicity of the Idiot's song in Boris.
There were no famous names in the cast; the only singer I can remember having heard was Miriam Pirazzini, an admirable contralto who gave a beautiful performance in the part of an old woman. If there were no outstanding voices, all the singing was both musicianly and dramatic. Anselmo Colzani as Kirlatos, the leader of the forlorn hope, sang his music with authority and with deep feeling, so that we could believe in his powers of leadership and in the depth of his suffering. As Edali, the woman who loves him and is rejected by the lonely man, Leyla Gencer gave just the right touch of visionary faith to her performance. It is one of the virtues of the opera that its end is as honest as the rest. When the people who have turned against him are saved, Kirlatos stays behind and is killed, but Edali, rejected, does not stay with him to share his fate in the conventional love-and-death duet.
The performance, recorded in Italy under the direction of Armando La Rosa Parodi, seemed excellent. More use might, perhaps, have been made of radio-technique, as was done in Louis de Meester's Tentation de Saint-Antoine, to bring out clearly the frequent passages of dialogue set against a choral background. The chorus, by the way, often resorts to speaking and shouting without regard to the music-this surely an abdication of his responsibilities by the composer who should create the impression of hubbub by musical means.
THE TRAGEDY of the wholesale removal of populations from their established homes is no new one, though it has become more conspicuous during the past two decades. The danger of taking as a subject for a work of art such a topical theme, which is bound to arouse sympathy in all decent-minded people, is that the artist will not be able to transmute the raw material of reality into the more abiding substance of art. We can see what happens if this transmutation does not take place, in Menotti's The Consul, a 'slice of life' served up with an absolute minimum of worth-while music.
Lodovico Rocca, whose Monte Ivnòr, broadcast last week,. proved to be one of the B.B.C. Opera Department's best discoveries among unfamiliar works, does not fall into that error. The action, which might have taken place in some village of the Süd Tirol sub consule Mussolini, is removed to some vaguely specified locality in Asian Russia in the last century. Even so, performances of the opera were stopped by the Italian authorities soon after its production in 1939. It cut too near the bone.
As a music-drama Monte Ivnòr is a first-rate I piece of work. It is about real people, in whose actions one can believe, and not about the cardboard figures of Puccinian melodrama. Musically Rocca owes a good deal to Puccini. His melody in passionate scenes tends to rise and fall in an arc, the descent being given urgency by the introduction of a triplet. It is a type that derives through Puccini from Verdi, and in this respect, Rocca cannot be called an original or even a very distinguished creator of vocal melody.
Structurally his opera has a continuity derived, perhaps, from Mussorgsky, though there are precedents nearer home in Puccini's Girl of the Golden West which (whatever its gross faults) is more completely durchkomponiert than his earlier operas, and in the operas of Pizzetti. But the Mussorgskian influence is there, not only in the prominence given to the chorus, the ordinary citizens of the martyred village, but also in certain of the melodies, notably that of Kirlatos's lament for his son. This intensely moving scene has the bare simplicity of the Idiot's song in Boris.
There were no famous names in the cast; the only singer I can remember having heard was Miriam Pirazzini, an admirable contralto who gave a beautiful performance in the part of an old woman. If there were no outstanding voices, all the singing was both musicianly and dramatic. Anselmo Colzani as Kirlatos, the leader of the forlorn hope, sang his music with authority and with deep feeling, so that we could believe in his powers of leadership and in the depth of his suffering. As Edali, the woman who loves him and is rejected by the lonely man, Leyla Gencer gave just the right touch of visionary faith to her performance. It is one of the virtues of the opera that its end is as honest as the rest. When the people who have turned against him are saved, Kirlatos stays behind and is killed, but Edali, rejected, does not stay with him to share his fate in the conventional love-and-death duet.
The performance, recorded in Italy under the direction of Armando La Rosa Parodi, seemed excellent. More use might, perhaps, have been made of radio-technique, as was done in Louis de Meester's Tentation de Saint-Antoine, to bring out clearly the frequent passages of dialogue set against a choral background. The chorus, by the way, often resorts to speaking and shouting without regard to the music-this surely an abdication of his responsibilities by the composer who should create the impression of hubbub by musical means.
RADIOCORRIERE.TV
1959 June 28 - July 04
CON LEYLA GENCER E ANSELMO COLZANI
«MONTE IVNOR» di Rocca
Lodovico Rocca è nato a Torino nel 1895. Appartiene, dunque, a quella generazione di musicisti cresciuta nel clima febbrile del più rivoluzionario rinnovamento formale e stilistico, delle più disparate esperienze nella ricerca di un proprio linguaggio che insieme han no condizionato e sconvolto il gusto e il costume artistico contemporaneo.
Aperto alle nuove voci della musica, ma intimamente estraneo ad ogni precostituito programma estetico, Lodovico Rocca fedele alle ha saputo rimanere proprie vocazioni, azioni, alla propria natura riflessiva e siva e pensosa, soffusa di dolente pessimismo. Autore di una folta serie di composizioni sinfoniche e da camera alcune delle quali, come Schizzi francescani e Salmodia, scritte per i Festival internazionali di Venezia, si affermò nel teatro nel 1933 con Dibuk, autentica rivela zione fra le 180 opere presentate al Concorso indetto dalla Scala.
Monte Ivnor, rappresentata al Teatro dell'Opera di Roma nel 1939, è la sua seconda opera importante e fortunata, Come nel Dibuk ritroviamo anche qui - pregnanti motivi centrali gusto dell'Oriente e l'idea dominante della morte; e quei toni ora casti ed elegiaci, ora ironici c caricaturali che improntano le sue musiche migliori. Ma è soprattutto nella drammatica vocalità corale e nella espressiva duttilità del tessuto sinfonico che il musicista torinese då, ancora una volta, la misura più originale del suo temperamento operistico. Per Monte Ivnor, che al suo sorgere dovette superare non pochi ostacoli di natura politica e razziale, il compositore trovò in Cesare Meano il librettista congeniale. Il dramma si ispira al celebre Tomanzo di Franz Werfel I quaranta giorni del Musa Dagh.
Siamo sulle rive del Mar Caspio, verso la fine del secolo scorso. Sugli inermi abitanti di un paesino alpestre pesa, da parte del nemico invasore, un'aperta minaccia di bando. Popolani e maggiorenti sono quasi rassegnati al loro tragico destino, quando un signore del luogo, Vladimiro Kirlatos, un uomo maturo che ha viaggiato e conosciuto il mondo, si leva a rincuorarli e a trado, st scinarli sul Monte Ivnor, l'im pervia montagna che domina il villaggio. Ma prima, in obbedien za ad un'antica tradizione, il pa triota ha staccato le campane della chiesa che il popolo in mesta processione porta al cimitero dove resteranno sepolte fino al giorno della vittoria.
Sul monte, trasformato in fortezza, la la vita del paese riprende, avvicendando i i suoi pacifici episodi alle azioni di guerra contro il nemico. Ma ecco nel dramma del popolo inserirsi un dramma d'anime. La bella Edali, già fi danzata al giovane Imar, si accende di segreto amore per il Kirlatos. capo della resistenza, Imar intuisce, e accecato dalla gelosia, pur di colpire il rivale, al nemico la via per raggiungere il centro della fortezza. La disperata resistenza del popolo riesce a contenere l'urto del nemico, ma nella battaglia il nobile Kirlatos perde il figlio che adora. Intanto le munizioni sono finite, quasi esauriti i viveri; e già fra il popolo stremato comincia a serpeggiare il veleno dello scoraggiamento e della ribellione quand'ecco la salvezza: rombo di cannone annuncia l'arrivo delle navi amiche. Il popolo di Monte Ivnor tumultuando di gioia scende, verso il mare, in contro alla vita. Soltanto Kirlatos rimane sulla montagna del suo sogno e del suo sacrificio con la memoria del figlio perduto, sordo alle voci d'amore della piccola Edali che ora affida, svenuta, al traditore pentito Imar, Una pattuglia nemica gli viene incontro e l'eroe l'affronta, cadendo colpito a morte sulla terra che custodisce il corpo del figlio diletto.
In Monte Ivnor Guido Pannain dopo la prima esecuzione romana sono accentuate le qualità di cui Rocca aveva dato prova con il Dibuk. Gli è accaduta una cosa molto semplice, ma estremamente difficile: di poter trovare un suo modo personale di ottenere il dramma in musica, liberandosi da schiavitù e debolezze. Dire che egli segua l'azione da vicino è poco: egli la investe addirittura con la sua musica. Ne fa una cosa di suoni; se ne appropria e ne è dominato. Urti di passioni, sacrifici e dolori, la gioia di una nascita, come la morte del giovi netto eroe, figlio di Kirlatos, costituiscono come le vertebre del dramma che si svolge con ininterrotto interesse, in sicurezza e unità stilistica, serrato, vibran te, emotivo».
COMPLETE RECORDING
1957.10.17
Recording Excerpt
Non so, non so... Ascolta ho sentitole sue dolci parole Act III